Il tema dell’occupazione femminile è strettamente legato alle prospettive di crescita e sviluppo nazionale e locale. Secondo i dati Istat (settembre 2017), sul fronte dell’occupazione femminile l’Italia resta agli ultimi posti in Europa: il suo 49,9 % è più alto solo rispetto al 43,3% della Grecia. Le donne in età lavorativa (15-64 anni) con una occupazione hanno sì raggiunto il record dal 1977, ma i numeri sono ancora lontani dal 66% degli uomini e dal 61,6% della media europea. Se ci si concentra sul tasso di disoccupazione il valore riferito alle donne (12%) resta ancora il peggiore dopo Spagna (19%) e Grecia (26,2%).
Uno degli obiettivi dell’Unione Europea per il 2020 è l’innalzamento al 75% del tasso di occupazione per donne e uomini di età compresa tra 20 e 64 anni per tutti gli stati membri. Nel mese di Marzo 2014, la Commissione Europea ha approvato una Raccomandazione, non vincolante, per incrementare la partecipazione al mercato del lavoro e l’occupazione femminile, ridurre il divario salariale di genere e migliorare la formazione professionale delle donne. Con l’obiettivo di incentivare i contatti nel mondo dell'imprenditoria femminile all’interno dei Paesi dell’UE, è stata inoltre inaugurata la piattaforma WEgate, che offre informazioni sull’avvio di impresa, finanziamenti e marketing. Rispetto alla programmazione europea 2014-2020, oltre ai programmi a gestione diretta (come il COSME, il programma europeo per le piccole e medie imprese), è attraverso i Fondi Strutturali, in particolare il Fondo Sociale europeo, che la Commissione Europea intende ridurre la disparità tra uomini e donne in materia di occupazione, fermo restando che le politiche occupazionali sono di competenza nazionale rispetto a cui l’UE si limita solo a stabilire degli standard minimi.
In Italia, seppur presente già dal 1992 con la legge 295 “Azioni positive per l'imprenditoria femminile”, è solo dal 2013 che il Governo ha avviato un’attività di promozione dell’imprenditoria femminile e del lavoro autonomo delle donne attraverso strumenti innovativi che incidono sull’accesso al credito. Le imprenditrici e le libere professioniste hanno potuto infatti accedere alla garanzia della Sezione speciale “Presidenza del Consiglio dei ministri-Dipartimento per le pari opportunità” del Fondo di Garanzia per le PMI, in cui dal 2014 al 2017 sono state accolte oltre 16 mila operazioni per un ammontare di finanziamenti pari a 1,2 miliardi di euro.
L’Ente Nazionale per il Microcredito ha inoltre avviato e concluso il programma Microcredito Donna, finalizzato a supportare le donne nella creazione di una propria impresa e questo tipo di interesse si è riflettuto anche nelle iniziative delle amministrazioni locali mediante il Programma Operativo Regionale FSE 2014 – 2020. L’Amministrazione regionale ha finanziato infatti, attraverso l’Avviso Pubblico “Accordi Territoriali di Genere”, la realizzazione di Reti Territoriali tra diversi soggetti pubblici e privati, finalizzati a sostenere l’occupabilità femminile e le buone pratiche per la diffusione di misure di conciliazione tra tempi di vita e di lavoro.
Le donne rappresentano dunque un target importante per lo sviluppo di nuova imprenditorialità e, per quanto non sia attualmente previsto uno strumento di credito specificamente dedicato all’imprenditorialità femminile, il genere è un criterio d’accesso agevolante nei principali strumenti di facilitazione. I nuovi incentivi nazionali per l’autoimprenditorialità sono gestiti da Invitalia, agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti controllata dal Ministero dello Sviluppo economico che, solo nel 2016 ha finanziato 2.184 nuove imprese, di queste, il 43% a maggioranza femminile. I finanziamenti sono arrivati attraverso l’Autoimpiego (programma chiuso) e i seguenti principali strumenti ancora attivi e recentemente rifinanziati: